23 marzo 2010

Perchè la religione è una balla

Sono molto contento di essere arrivato a questo punto. E' qualche giorno che sto cercando di mettere scritto quello che avevo piacevolmente in testa e spero di non averne fatto confusione. E' una riflessione che fino a non molto tempo fa non mi sarei nemmeno sognato di pensare, eppure ora mi sembra ovvia.

Ho riflettuto sul perchè esistano varie versioni di Dio, con diversi precetti; perchè si ritiene che la Bibbia sia la parola di Dio (e analogamente per i testi sacri delle altre religioni, come il Corano per l'Islam, ad esempio). E sono giunto alla conclusione che è essenzialmente impossibile che anche solo una singola virgola di questi scritti sia la parola divina. Non c'è proprio la minima possibilità.

Innanzitutto, partiamo col capire cosa sia Dio: è il bianco e il nero, giusto e sbagliato, bello e brutto, ecc. E' il Tutto, l'Uno, la Coscienza, la Realtà, la Verità e chi più ne ha più ne metta. E' in ogni luogo in ogni tempo, in ogni oggetto e in ogni essere, in ogni atomo in ogni dimensione. Insomma, è tutto quello che è, che è stato e che sempre sarà. Perfetto.

Dimentichiamoci per un attimo della storiella della Creazione, di Mosè e soci e delle altre cialtronate millenarie di cattivo gusto postulate nella Bibbia* dal nostro misericordioso (!!!) Signore. Dimentichiamocene un attimo, è un surplus che non serve, al momento. Ragioniamo sul succo dell'essere di Dio, non sulle interpretazioni umane. In pratica, Dio è l'essenza di tutto, la Verità ultima. Non è solo questo, ovviamente: puoi vedere Dio dovunque, in ogni momento. Anche se stai ad occhi chiusi, orecchie e bocca tappati, è lì: sei tu, è l'aria che sta intorno e dentro di te, il luogo in cui ti trovi, l'energia che emani e che ricevi. E' il Tutto! Purtroppo siamo stati condizionati a vederlo come un essere ben distinto e staccato da noi, etereo, definito. Ma non è così: è tutto ciò che è, altrimenti come farebbe tutto questo ad esistere? E' l'essenza stessa dell'esistenza. Se il Tutto fosse un qualcosa di esterno a noi e a questo mondo, come faremmo noi ad esistere? Come potrebbe esserci il mondo, l'universo eccetera?
Diciamo che è un concetto "a strati": quello più esterno è tutto ciò che vediamo, sentiamo e tocchiamo e il modo con cui lo facciamo; il nucleo è la Verità assoluta, ovvero... tutto ciò che è, appunto. Il resto, quello che va da vicino il nucleo verso l'esterno, possiamo definirlo come "illusione", di cui il nostro livello ne è l'esponente massimo o quasi.

Il fatto è che "tutto ciò che è"... è. Quando, tanto per fare un esempio, sentiamo di un tizio che stupra dei bambini, pensiamo "Ma guarda sto figlio di puttana!" e diamo un giudizio morale negativo. Diciamo: "Questo è sbagliato", oppure quando aiutiamo qualcuno in difficoltà lo facciamo perchè "questo è giusto". Ma ciò non è la realtà. La realtà è che un tizio stupra dei bambini e che noi abbiamo aiutato una persona in difficoltà. Punto. (qui siamo in uno "strato" piuttosto esterno di Dio, dell'Esistenza. Siamo tra il nucleo e il nostro "livello")
Tutto quello che noi creiamo sopra questi avvenimenti è frutto del nostro pensiero, in un certo senso della nostra immaginazione; è il (più o meno) nostro punto di vista. Ma questo punto di vista, sempre pensando al Tutto come un concetto a strati, è uno strato più esterno rispetto ai fatti veri e propri, è un'aggiunta, un allontanamento dalla Realtà con la R maiuscola, che poi è sempre l'essenza di Dio, il nucleo, il Sole. Ecco, diciamo simbolicamente che se la realtà che noi percepiamo e nella quale noi viviamo fosse Urano, il nostro punto di vista sarebbe Nettuno, cioè sarebbe un po' più lontano dal Sole, ovvero da Dio.
Il che va benissimo, sia chiaro; avere un punto di vista non solo è normalissimo ed inevitabile (dato che cresciamo, viviamo ed interagiamo con un ambiente "vivo") ma anche assolutamente legittimo, giusto ed essenziale. E' un bene che esistano tanti punti di vista tra i quali scegliere per formarsene uno proprio. L'unico particolare da tenere in mente è che la Realtà non ha punti di vista: è e basta.

Ok, ora entriamo nel succo vero e proprio del discorso, ovvero; non c'è la benchè minima possibilità che la Bibbia sia anche lontanamente la parola di Dio. Come abbiamo detto, la Realtà (l'essenza di Dio) non ha punti di vista, cioè non ha interpretazioni. E come potrebbe averne? Di fronte alla Verità assoluta, all'Essenza di tutto ciò che è, al nucleo assoluto, come si possono avere delle interpretazioni? E' e stop, non c'è altro. Facendo una semplificazione mostruosa (e neanche troppo corretta), giusto per farvi capire meglio dove sto andando a parare, lo sfondo sotto queste parole è bianco, giusto? E' la verità, è così, non si può dire "No, è grigio". O meglio, si può dire in quanto esseri dotati bocca, ma sarebbe un'interpretazione della realtà completamente sbagliata. Non è più la realtà; è un'illusione. Come fai a dire che è grigio?! E' bianco. Punto. Non puoi interpretare; è così, è la verità.
Esattamente la stessa cosa vale con Dio; non ha interpretazioni. La Verità (con la V maiuscola) non può essere interpretata; è. La morale religiosa, il giusto e sbagliato, il santo e il peccatore eccetera sono giudizi astratti e soggettivi; sono interpretazioni, appunto. Non sono La Realtà, non sono Dio nel senso più puro.
Ed ecco che tutto l'apparato biblico crolla come un edificio costruito dalla Impregilo. E il motivo è semplice: le parole.

Se io prendo una parola, diciamo "luce", il concetto che esprime è chiaro, è uno solo. Ma se questa parola la metto nella frase "Ho visto la luce"? Cosa significa? Che ho avuto un'illuminazione, o che ho più semplicemente visto la luce di, chessò, un lampione in strada? Si può intendere in almeno 2 modi, ovvero si può INTERPRETARE in almeno 2 modi. Ma la Realtà, l'Essenza, Dio, chiamatelo come cazzo volete, non si può interpretare, perchè... è (e ari-daje). E' esattamente la stessa cosa quando qualcuno se ne esce dicendo di aver parlato con Dio. Non puoi parlare con Dio per almeno 3 motivi; primo perchè non è un essere esterno e staccato da te. Se lo fosse, essendo lui l'Esistenza, tutto il resto non ci sarebbe, quindi nemmeno tu. Secondo, perchè le parole (ovvero dei suoni interpretabili e capibili, come avevo scritto non troppo tempo fa) sono un'invenzione umana che varia di luogo in luogo, di tempo in tempo, è una variabile molto volatile. Siamo sempre su Nettuno, per tornare all'immagine di prima. Terzo, perchè una volta di fronte alla Verità assoluta, non hai bisogno di parlare, di fare domande, come invece sostiene chi afferma di aver parlato con Dio. Cosa potresti chiedere, visto che sai ormai come è il Tutto? Sei dentro, intorno e fuori da te. Cosa ti chiedi? E' come se mi domandassi, sapendo già la risposta, "Come è finita Fiorentina - Bayern Monaco?".

Questi presunti interlocutori divini non hanno mai parlato con Dio: hanno parlato con la loro rappresentazione mentale di Dio, plasmata da precetti e immagini religiose. Un po' come quando vedi un film horror e la notte ti fai un bell'incubo nel quale la ragazza che scappa strillando con tanto di popò nelle mutandine sei tu. Si chiama "condizionamento mentale". Se poi vogliamo scambiare questo termine con "religione", facciamolo pure. La realtà delle cose è che non importa come chiami un concetto: esso è. Fatto sta che con Dio non ci parli. Se tu dici di aver parlato con Dio, ti stai ingannando da solo; senza dubbio avrai parlato con qualcosa/qualcuno, ma non hai fatto nulla di più particolare che parlare con i tuoi amici, con i tuoi genitori, con te stesso! Non hai parlato con il nucleo divino; ti sei fermato prima, hai sì parlato con Dio, ma non con l'essenza di esso, con la verità, con ciò che è.

Divino... Tutto è divino! Per il semplice fatto di esistere, di essere! Il problema non è cosa sia divino e cosa no, chi sia degno e chi no. Il problema non è il "chi/cosa" ma il "quanto". E' esattamente quello che intendo con il concetto di Dio/Verità/Esistenza a strati: c'è chi riesce ad essere più in contatto con il fulcro del divino, chi riesce ad essere più vicino al concetto puro di Dio; e c'è chi rimane più lontano. Ma sempre nel divino siamo, solo in gradi diversi. Tutto qua.

Questo era ciò che volevo dirvi, ciò su cui volevo farvi ragionare. La differenza fra questo e ciò che vi proporrebbe un prete (oltre a non vedere Dio come esterno a noi e, quindi, a non vedere noi come peccatori)  sta nel non ripudiare e reprimere nessun atteggiamento perchè "moralmente sbagliato": potete fate come volete, avete tutte le possibilità aperte e non dovete temere il giudizio di nessun extraterrestre extradimensionale. "Don't suffer, don't feel guilty. Do what you want to do. God loves you no matter what you do", direbbe quel grande di Bill Hicks, che cito tante volte perchè è stato davvero un grande uomo.
Cavoli però, a pensarci bene, anche questo è un punto di vista...

Spero vi sia piaciuto :-)



* a proposito della Bibbia; è di un maschilismo, di un'ingiustizia, piena di favoritismi divini, di clientelismi da far vomitare. Ma, mi chiedo, i cosiddetti "credenti" si sono mai messi lì a leggerne anche solo 2 righe?! Non dico tutta perchè è un bel mattone, e anche piuttosto noiosetto (le mie intenzioni iniziali erano buone, ma non sono riuscito neanche lontanamente ad arrivare alla fine, un po' per la noia, un po' per il ribrezzo che mi provoca il sapere che questo è il testo su cui si basa un intero sistema di credenze, un po' perchè avevo letto abbastanza da capire l'aria che tira), ma, dicevo, anche dopo solo poche righe della Genesi si intuisce che qualcosa non quadra...

14 marzo 2010

La realtà e la sua creazione

(tratto da Altrogiornale.com)


La creazione della realtà
di Momi Zanda


La creazione della realtà da parte della nostra coscienza avviene grazie all'esistenza di un campo che unisce tutti i fenomeni dell' universo. Interagendo consapevolmente con il campo creiamo consapevolmente la realtà...

Sono sempre più numerosi gli studiosi, non solo filosofi e psicologi ma anche scienziati, che sostengono che la realtà è una nostra creazione, e che la creazione della realtà avviene prima di tutto nell’interiorità dell’individuo, in uno stato di coscienza più profondo di quello di cui siamo ordinariamente consapevoli. Gli eventi esterni della nostra vita sono solo il riflesso dello stato interiore della nostra coscienza. Se vogliamo modificare gli eventi o crearne di nuovi dobbiamo quindi prima di tutto lavorare all’interno di noi stessi. Questa affermazione potrebbe sembrare arbitraria o addirittura “anti-scientifica”, ma in realtà non lo è.

Gli studi più avanzati di fisica quantistica convergono infatti verso questa ipotesi, e sono stati fatti ormai molti esperimenti di laboratorio che supportano la tesi che la coscienza sia in grado di influenzare senza intermediari le altre coscienze e addirittura la materia. Una volta accettato che è la nostra coscienza a creare la nostra realtà, per poterla creare in maniera attiva e consapevole è utile esaminare prima di tutto alcuni presupposti fondamentali del processo. Il primo presupposto della creazione della realtà è l’esistenza di un campo che unisce tutti i fenomeni dell’ universo, materiali e spirituali, un campo di cui noi facciamo parte integrante e che ci collega ad ogni altro essere e fenomeno dell’ universo, dal più piccolo al più grande.

Questo campo in ambito scientifico, psicologico e filosofico è stato definito in molti modi: mondo platonico (definizione questa non di un filosofo ma di uno scienziato, Penrose, uno dei fisici quantistici più accreditati e più all’avanguardia), campo di forma, campo morfico, campo morfogenetico, inconscio collettivo, ordine implicato, matrice o matrix, matrix divina, campo quantico, campo del punto zero o più semplicemente “campo”. L’esistenza di questo campo è ormai accettata da molti scienziati ai massimi livelli ed è stata dimostrata da alcuni esperimenti. Le relazioni all’interno di questo campo non sono lineari o causali, ma sincroniche. Il che significa che una modifica in un punto del campo influenza istantaneamente il resto del campo, senza che intervengano intermediari materiali o meccanismi lineari di causa ed effetto.

Che ce ne rendiamo conto o no, è attraverso questo campo che noi creiamo la nostra realtà. In ogni istante della nostra vita noi interagiamo con il campo. Se impariamo ad interagire consapevolmente, impadronendoci dei meccanismi di funzionamento del campo, possiamo diventare i creatori consapevoli della nostra realtà. Il secondo presupposto è che il linguaggio che il campo comprende e a cui risponde è il linguaggio del cuore, cioè i sentimenti. Naturalmente anche il pensiero è importante, ma se i nostri sentimenti sono in contrasto con i nostri pensieri, sono i primi a prevalere. Il campo recepisce le informazioni che vengono dal cuore e risponde ad esse istantaneamente. Questo principio è chiamato comunemente “legge della risonanza” o “legge dell’attrazione”. Si attira solo ed esclusivamente ciò che è in risonanza col nostro cuore.

Se non ci piace quello che attiriamo, non abbiamo altra scelta che cambiare le nostre vibrazioni, le frequenze del cuore. Se le frequenze del cuore sono basse, come quelle generate da sentimenti come la paura, o l’odio, o il dolore, attireremo persone ed eventi che vibrano alla stessa frequenza e la nostra vita diventerà sempre più dominata dalla paura, dall’odio o dal dolore. Per inciso, è stato sperimentalmente dimostrato che il nostro cuore genera un campo elettromagnetico la cui ampiezza è normalmente di 2 o 3 metri e che può quindi influenzare gli altri campi elettromagnetici presenti nell’ambiente, compresi quelli delle altre persone.

In base alle informazioni che il nostro cuore invia al campo, il campo risponde modificando sincronicamente la realtà materiale e producendo nel nostro ambiente oggettivo (e quindi anche nel nostro corpo) quelle situazioni e quegli eventi che sono coerenti con le informazioni ricevute, e quindi con i nostri sentimenti. Se i nostri sentimenti sono di insicurezza e di frustrazione, il campo riflette questi sentimenti producendo nella nostra realtà situazioni ed eventi che mettono a rischio la nostra sicurezza e che ci impediscono di soddisfare i nostri desideri e le nostre esigenze. Se ci sentiamo delle vittime il campo ci rimanda situazioni in cui effettivamente siamo delle vittime. Perciò, se vogliamo essere soddisfatti e avere successo nella vita, dobbiamo riuscire a sentirci già soddisfatti e vincenti prima ancora di esserlo concretamente nella nostra realtà oggettiva.

Se vogliamo trovare una persona che ci ami dobbiamo sentirci amati e desiderati prima ancora di averla trovata, e così via. In altre parole, per riuscire a ottenere nella nostra realtà concreta e materiale le situazioni e gi eventi che desideriamo, dobbiamo prima costruirli nella nostra realtà interiore e sperimentare i sentimenti collegati ad essi come se quegli eventi fossero già realizzati. Un terzo presupposto è l’esistenza di una dimensione fuori del tempo dove tutto è potenzialmente possibile. Possiamo chiamare questa dimensione il campo delle possibilità. In questo campo ogni cosa non solo è possibile ma esiste. Esistono tutti i possibili futuri individuali e collettivi. Questa idea potrebbe sembrare un’astrazione (o peggio un vaneggiamento) ma invece corrisponde a quello che sostiene la fisica quantistica a proposito delle particelle subatomiche. In ogni istante una particella si trova contemporaneamente in tutti i suoi possibili stati di esistenza. Solo quando interviene un osservatore (ad esempio, attraverso degli strumenti di misura) la particella viene a trovarsi in uno stato determinato (si dice che la funzione d’onda della particella “collassa”) che esclude tutti gli altri.

Nei termini che stiamo usando oggi possiamo dire che il campo contiene potenzialmente tutte le possibili realtà, e che poi solo una di queste realtà viene manifestata concretamente nel nostro spaziotempo. Ma cos’è che fa sì che il campo manifesti una data realtà e non un’altra? Le chiavi sono l’immaginazione e l’intenzione. Tutto ciò che possiamo desiderare o immaginare è possibile. Perciò prima di tutto dobbiamo definire bene ciò che vogliamo. Se decidiamo di trovare un lavoro più remunerativo, il campo potrebbe crearlo in un’altra città. Se non siamo disposti a trasferirci è meglio definirlo prima. Una volta stabilito il “cosa” dobbiamo attivare l’intenzione di realizzarlo. L’intenzione non ha quasi nulla a che fare con la volontà. La volontà è una funzione dell’ego, l’intenzione è un potere del Sé. È il potere di armonizzarci ed entrare in sintonia con il campo delle possibilità. Immaginando un risultato futuro e sviluppando un’intenzione corrispondente creiamo un altro campo, chiamato campo delle probabilità.

Il futuro che abbiamo scelto da possibile diventa “probabile”, e inizia a manifestarsi nella nostra realtà per mezzo di eventi che la psicologia chiamerebbe “sincronicità”. Le sincronicità sono eventi collegati al nostro stato psichico interno che non sono però prodotti da un meccanismo di causalità lineare. Tutti noi sicuramente abbiamo sperimentato tante volte delle sincronicità. Pensiamo a qualcosa, e ci succede nella realtà un evento collegato a ciò che abbiamo pensato. Il caso più banale e comune e quando pensiamo a una persona che non vediamo da molto tempo e poco tempo dopo incontriamo quella persona o riceviamo una sua telefonata. All’interno del processo della creazione della realtà, le sincronicità hanno la funzione di indirizzare i nostri comportamenti per ottenere il risultato desiderato. Il punto di partenza sono sempre i nostri sentimenti e i nostri pensieri che comunicano con il campo. Il campo riceve le informazioni e modifica la realtà in base ad esse. Per questo è importante essere attenti alle sincronicità, anche quelle apparentemente banali o irrilevanti, così da intensificare il processo.

Mano a mano che il campo delle probabilità che abbiamo creato fa manifestare sincronicità ed eventi nella nostra vita, noi dobbiamo sfruttare quegli eventi operando nuove scelte in vista della realizzazione di ciò che abbiamo deciso di realizzare. Dopo avere scelto il nostro futuro e avere creato il campo delle probabilità, è importante non avere particolari aspettative sul modo in cui il nostro desiderio dovrà realizzarsi, ma abbandonarsi con fiducia al flusso degli eventi. In altre parole, dobbiamo focalizzarci sul “cosa” e non sul “come”. Il come non è compito nostro ma del campo universale.

Il nostro unico impegno dev’essere quello di mantenere il sentimento di avere già realizzato il futuro che abbiamo scelto per noi. Se diventiamo ansiosi, impazienti o temiamo di non riuscire a ottenere ciò che vogliamo, blocchiamo il processo. O meglio, e come se creassimo un nuovo campo di probabilità scegliendo un futuro negativo. Il campo legge il nostro sentimento di ansia e dubbio, e manifesta un risultato negativo corrispondente a quel sentimento. Tutto quello che dobbiamo fare quindi è mantenere il sentimento che il futuro desiderato si sia già realizzato, e seguire le sincronicità che si presentano nella nostra vita (un incontro, un consiglio che qualcuno ci dà, un’intuizione che ci dice di fare qualcosa di particolare, talvolta un sogno), lasciando alla matrix divina il compito di trovare il modo migliore per soddisfare i nostri desideri.

10 marzo 2010

We come one

Faithless - We Come One




All the subtle flavours of my life
are become bitter seeds
and poisoned leaves
without you

You represent what's true
I drain the colour from the sky
And turn blue
without you
These arms lack a purpose
Flapping like a humming-bird
I'm nervous 'cause
I'm the left eye
you're the right

Would it not be madness to fight
We come one

In you the song which rights my wrongs
In you the fullness of living
The power to begin again
From right now, in you

We come one

I'm not afraid
never never scared
Worries washed
pressed air
I am the left eye
you're the right
Would it not be madness to fight

We come one

05 marzo 2010

I giochi dell’ego

Ecco qua un pensiero di Osho (vedi il link per sapere chi è) sul nostro ego, sull’isolamento e sull’unità del Tutto con la T maiuscola.
(tratto da Osho.com)

I giochi dell'ego
L'ego vuole sempre isolarsi, perché quando sei solo, rimane solamente l'ego – che ora diventa tutto il mondo. Non c'è nessuno che possa lottare con l'ego; non c'è nessuno che ti possa umiliare; non c'è nessuno con cui paragonarsi.

Diventi ai tuoi occhi ciò che c’è di meglio. Puoi credere nell'ego in modo assoluto; non ci saranno distrazioni. Io sono contro l'isolamento. Devi dissolvere l'ego, non isolarlo. Non devi diventare un'isola, indipendente, separata dal tutto: devi diventare parte di un continente, una sola cosa con esso. Come puoi essere tutt'uno con la realtà se sei isolato? La realtà richiede partecipazione, non isolamento. Ecco perché il samadhi più grande accade nell'amore, non nell'isolamento. E lo Yoga più grande è amore, perché in amore devi dissolverti, in amore devi morire, scioglierti, fonderti.

Io insegno amore, non isolamento. L'isolamento è il modo di fare del mondo, non quello della religione. Ma può accadere che, dopo aver cercato la ricchezza, il potere politico, il possesso, diventi frustrato. Allora vai sull'Himalaya - rinunci al mondo. Non rinunci all'ego, rinunci al mondo. Io ti insegno a rinunciare all'ego, non a rinunciare al mondo.
L'ego è un fenomeno molto sottile; se non cerchi il potere politico, cerchi il potere religioso. Lo chiami Kundalini, ma è sempre potere. È ancora qualcosa che ti rende separato, unico, indipendente, un'isola.
Se la tua religione è una ricerca del potere, l'isolamento è necessario. Ma la religione non è una ricerca del potere, è una ricerca del silenzio. È una ricerca della pace, della povertà interiore, ciò che Gesù chiama povertà in spirito. È una ricerca dell’essere, e in questo essere non c'è più differenza con il non-essere. Non-essere diventa il tuo essere. Questo non è possibile tramite l'indipendenza, è possibile solo se realizzi l'interdipendenza.

Occorre ricordare queste tre parole: dipendenza, indipendenza, e interdipendenza. Tu sei dipendente e cerchi l'indipendenza; io insegno l'interdipendenza. Sei dipendente, perché in ogni situazione, dovunque ti trovi, ci saranno dei limiti. Se ami qualcuno, diventerai dipendente da lui o lei. La vita provoca dipendenza in ogni situazione. Nasce allora l'idea che, se nel mondo non puoi essere indipendente, devi fuggire dal mondo. Puoi farlo, ma non sarai mai indipendente: potrai solo illuderti. Persino sull'Himalaya non sei indipendente - dipendi ancora dal sole. Se il sole non sorgesse, moriresti subito. Sei dipendente dall'ossigeno nell'aria: se scomparisse, moriresti.

Sei dipendente dall'acqua; sei dipendente da mille cose. La dipendenza va compresa, non evitata. Se la comprendi, vedrai subito come, nascosta alle sue spalle, c'è l'interdipendenza. La dipendenza è un'interpretazione erronea. Chi sa, sa anche che non solo tu sei dipendente dal sole ma anche il sole dipende da te. Il sole non può sopravvivere senza di te, proprio come tu non puoi sopravvivere senza il sole. L'esistenza sentirà la mancanza anche di un sottile filo d'erba; senza di esso, non sarebbe completa.
Si creerebbe un vuoto, mancherebbe qualcosa. Quindi non pensare che le stelle siano enormi e un filo d'erba minuscolo. Nell'esistenza, nulla è grande e nulla è piccolo, perché l'esistenza è una. Questo è ciò che si intende con ecologia: interdipendenza. E l'ecologia non si riferisce solo alla terra, ma al tutto. L'ecologia è un fenomeno spirituale.

Stai fraintendendo: interpreti l'interdipendenza come dipendenza. È una nozione sbagliata e, a causa di questa nozione, nasce il desiderio di essere indipendenti. Da un errore ne nasce un altro. Non puoi essere indipendente, e se qualcuno ti insegna l'indipendenza - ci sono persone che lo fanno - ti sta solo insegnando una pura idiozia. Sei parte del tutto, sei tutt'uno con esso, sei un'onda nell'oceano. L'onda non può essere indipendente. Come puoi separare un'onda dall'oceano? E io ti dico che non puoi nemmeno separare l'oceano dall'onda. Senza le onde, anche l'oceano scomparirebbe. Le onde non possono sopravvivere senza l'oceano e l'oceano senza le onde, perché le onde non sono altro che l'oceano che 'ondeggia’.

La separazione sorge per via del linguaggio parlato. Parli di onde e di oceano, ma in realtà non ci sono onde e oceano; è un unico fenomeno, l'oceano che 'ondeggia’. Le onde non sono oggetti: sono un processo, un movimento, il respirare dell'oceano. Tu e il tuo respiro non siete due cose separate; tu sei il respiro e il respiro sei tu.
Respiri e il respiro respira in te: siete inseparabili. La vita è una. Interdipendenza è un nome per questa unità. Dio è un altro nome. Amore è ancora un altro nome, migliore di Dio, perché Dio è stato distrutto dai teologi. Amore è ancora una parola pura, vergine.

Quindi la prima cosa da comprendere è che io non insegno l'isolamento, perché non insegno l'ego. I tuoi cosiddetti maestri di Yoga sono tutti egoisti, in varia misura. Non diventare anche tu parte di questo fenomeno. Non insegno l'isolamento, perché voglio che abbandoni l'ego, non il mondo. Il mondo non è un problema; il mondo è splendido, è gioia purissima; non c'è nulla di sbagliato in esso. C'è qualcosa di sbagliato in te, non nel mondo. Lascia cadere ciò che è sbagliato in te, ma non rinunciare al mondo. Io ti insegno a celebrare il mondo, non a rinunciarvi. Io affermo la vita, e la affermo in modo incondizionato. E io ti dico che quelli che ti hanno detto di rinunciare sono avvelenatori - ti hanno insegnato una cosa assolutamente sbagliata.
Tu sei il maya! Se devi abbandonare qualcosa, abbandona te stesso. Se vuoi rinunciare a qualcosa, rinuncia a te stesso. E l’unico modo, l’unico modo di rinunciare a se stessi è quello di celebrare.
Quando sei felice, non ci sei; quando sei triste, ci sei; quando sei depresso, ci sei; quando sei colmo di gioia, non ci sei. Nell’estasi scompari. Nella tristezza, riappari. Osserva: quando ridi, non ci sei. Quando ridi di cuore, non ci sei. La risata arriva da un luogo sconosciuto. Non sei tu a ridere: quando c’è la risata, tu non ci sei.

Danza! Quando la danza s'impossessa di te, quando c’è veramente, il danzatore non c’è più. Il danzatore è scomparso; non esiste più. La danza è così straordinariamente reale che ciò che è irreale deve scomparire di fronte a essa. Ciò che è irreale non può affrontare il reale; la bugia non può affrontare la realtà; l’oscurità non può incontrare la luce. Quando il reale appare – e il reale esiste quando sei parte del tutto, nella risata, nella danza, nell’amore – quando sei parte del tutto, c’è il reale. Quando sei separato, sei maya. Quando sei una sola cosa col tutto, sei il divino.
Quando sei da solo, nasce un tipo falso di ‘religiosità’. Quando sei da solo, non c’è nessuno che possa provocare la tua rabbia, nessuno per creare l’occasione per farti diventare triste; nessuno per mostrarti le tue facce false. Sei da solo: non sorge la rabbia. Non che sia scomparsa – ma la situazione perché nasca non c’è. Sei colmo di rabbia, ma non c’è nessuno per insultarti, per ferirti. Manca solo l’occasione. Ma ritorna nel mondo – vivi per cinquant’anni nell’Himalaya e, quando torni nel mondo, scopri subito che la rabbia è ancora lì, più fresca che mai; magari ancora più potente adesso, per via di quei cinquant’anni in cui hai accumulato rabbia, in cui hai accumulato veleno. Per questo hai paura di tornare nel mondo.

Vai sull’Himalaya: vedrai tante persone che si aggirano da quelle parti. Sono dei vigliacchi, che non possono tornare nel mondo. Ma che purezza è questa, così piena di paura? Che celibato è questo, sempre timoroso? Che realtà è questa, che ha paura del maya, dell’illusione?Che luce è questa, che ha paura dell’oscurità, che ha paura di entrare nell’ oscurità perché potrebbe essere sopraffatta e distrutta? È forse mai accaduto che l’oscurità abbia distrutto la luce? Anche meditare ventiquattr’ore al giorno non potrà esserti di alcun aiuto, a meno che la meditazione non diventi non una cosa che ‘fai’ ma un modo di vita. Se mediti un’ora o due o tre o sei… Puoi meditare ventiquattr’ore al giorno: diventerai matto, e non raggiungerai il samadhi.
Il samadhi accade quando ti dimentichi completamente di cosa sia la meditazione. Non mediti, ma vivi in modo meditativo. Il modo in cui parli, cammini, mangi diventa meditativo. La meditazione diventa una qualità della tua vita; la quantità non è il punto. Non preoccuparti della quantità, non pensare che se mediti di più, ti accadrà più meditazione… è stupido. Il punto non è meditare di più – è la qualità, non la quantità.

La meditazione non è come il denaro che continui ad accumulare. La meditazione è un modo di essere: non l'accumuli, non è una ricchezza. È quello che sei. La meditazione dovrebbe diventare il clima nel quale sei immerso, l’ambiente nel quale vivi. Dovunque vai, ti porti dietro il tuo clima. Il mio lavoro consiste proprio in questo; ecco perché non ti dico di isolarti, di andare tra le montagne e meditare tutto il giorno. Ciò ti darebbe un’idea sbagliata, l’idea della quantità.

Non potrai mai andare in profondità se non comprendi cos’è la distrazione. Se cerchi di evitare le distrazioni, non potrai andare in profondità perché dovunque andrai, verranno con te – sono dentro di te.
“La maggior parte dei maestri di Yoga insegna che è necessario allontanarsi dal mondo.” Ma non è affatto necessario. Anzi, non solo non è necessario ma è anche dannoso, perché chi è quello che si allontana? In questo ritirarsi dal mondo, l’ego verrà rafforzato. Non ritirarti; invece, sciogliti. Io ti insegno l’opposto: sciogliti. Se vuoi veramente raggiungere quello spazio bellissimo in cui sei nel mondo ma non appartieni al mondo, devi iniziare proprio in questa maniera: rimanere nel mondo e farcela. Lo so, è difficile. Ecco perché la gente si rifugia nella foresta - sembra essere più semplice. Pensi che chi è sfuggito al mondo sia molto coraggioso? Allora hai un’idea del tutto sbagliata. Sono dei vigliacchi, sono fuggiti perché non ce la facevano, perché non riuscivano a crescere; sono fuggiti perché il mondo era troppo per loro. Però sono riusciti a decorare molto bene questa fuga. Per secoli questi vigliacchi hanno scritto i testi sacri e i commenti a questi testi, perché non avevano altro da fare - e continuano a farlo. Tutta la loro energia viene sprecata nelle parole e finiscono per convincere altri vigliacchi.

Io non ti dico: scappa; quella per me è una parola sporca. Io dico di entrare nel maya del tempio del divino. Entra!
Il mondo è il tempio del divino: entra. Scopri tutti i modi in cui puoi entrare nel tempio. Cerca di scoprire il divino in ogni cosa e in ogni luogo, e sarà lì presente, in ogni cosa e in ogni luogo.
Non cercare di fuggire. La fuga, la rinuncia, l’isolamento sono parole sbagliate: non usarle. Non lasciare che facciano parte del tuo vocabolario - cancellale. Trova termini positivi: impegno, gioia, celebrazione, estasi, — e sarai sulla strada giusta.

Realtà e illusione non sono opposti. Divino e mondo non sono opposti. Il divino è nascosto nel mondo e la realtà è nascosta dietro l’apparenza; e anche l’apparenza ha una sua bellezza. Non solo l’anima è bella, ma anche il corpo.
Non può essere diversamente, visto che l’anima è celata nel corpo. L’anima trova espressione attraverso il corpo in migliaia di modi diversi.
Il corpo è come vetro. Dietro il vetro c’è la fiamma che sparge i suoi raggi attraverso il vetro. Quando vedi una persona bella, questa è solo un’indicazione che alle sue spalle si nasconde una bellezza sconosciuta. Ecco perché un bel corpo è attraente - è naturale. Ecco perché un bel fiore è attraente. È naturale perché quella è solamente un’ indicazione, un invito, verso qualcosa di bello che è nascosto alle sue spalle: vieni, scoprimi. Vieni. Il corpo bello è attraente a causa dell’anima bella: puoi avere un bel corpo se hai un’anima bella. Non è un fatto casuale, una coincidenza.

Più diventi bello dentro, e più bello sarai anche fuori. Se un corpo molto brutto s’impegna sempre di più nella meditazione, vedrai che la bruttezza si trasformerà e, alle sue spalle, verrà espressa una bellezza sempre più grande. Quando il nucleo più profondo diventa bello, la periferia lo segue. Io affermo la sintesi più grande che puoi raggiungere nel mondo, la sintesi di amore e meditazione. E ti insegno a crescere in entrambe le direzioni. Esplora entrambe le dimensioni: vai dentro verso la meditazione e vai verso l’ esterno attraverso l’amore. Vai in profondità dentro te stesso, e vai sempre più lontano verso l’altra sponda, e così non diventerai sbilanciato.
I meditatori che non amano sono sbilanciati. L’interiorità diventa più ricca, ma l’esterno diventa poverissimo. Mi piacerebbe che diventaste più ricchi in entrambe le direzioni: amate e meditate.