26 novembre 2010

Breve pensiero per i pro-vita e gli animalisti

Vorrei mandare un breve messaggio a tutti i pro-vita e agli animalisti convinti, o estremisti che dir si voglia: se siete davvero convinti delle vostre idee (“vostre”), se credete davvero in quello che professate, se siete un tutt’uno col vostro pensiero, perchè non andate in Africa, nella savana, andate da un leone e gli dite “Tu non puoi uccidere quella zebra! Anche lei ha diritto di vivere! Tieni, mangia queste mele invece della carne di qualche povera bestia indifesa, sbruffone che non sei altro! Non si mangiano altri animali, non si toglie loro la vita. La loro vita ha la stessa dignità della tua, assassino! Dovrebbero metterti in uno zoo di massima sicurezza, maniaco! Dovresti solo vergognarti per tutte le zebre, gli gnu e le gazzelle alle quali hai rudemente e senza alcun diritto tolto la cosa più preziosa che avevano: la vita. Sono animali anche loro!”

Perchè non lo fate?

Pace.

13 novembre 2010

I costruttori del nuovo

(tratto da AltroGiornale.org)

 

Si può costruire qualcosa di nuovo, libero; uno spazio dove la Solidarietà reciproca sia la norma e dove non ci siano secondi fini e manipolazione?

La risposta è che si può, ma solo dopo aver abbandonato i vecchi schemi di pensiero e di approccio alle varie problematiche. Il nuovo mal si concilia con gli schemi di potere, complotti, corruzioni. Il nuovo non si può costruire solo nella forma e nella sostanza rimanere vecchio, perché si disintegra da solo in un battito di ciglia. Il nuovo deve essere nuovo nella forma e nella sostanza perché è il solo modo che ha per poter crescere e radicarsi profondamente.


Le persone sono dotate di un sesto senso, che per adesso è molto “sonnacchioso” ma che avrà un peso molto importante nel prossimo futuro e quello è l’intuito. Se di nuovo si deve parlare, questo deve essere fino in fondo altrimenti la partita è persa in partenza. Filtrate, usate il vostro intuito per verificare la veridicità di qualcuno che vi sta prospettando un qualcosa, da un lavoro, ad un’idea, alla vostra adesione ad un progetto o ad un movimento. Se vi risuona dentro senza attriti allora andate avanti e così fate ogni volta che vi viene richiesta un’azione. Chi si avvicina al nuovo pensando di manipolarlo, averne ritorni, ottenere potere ecc. viene respinto perché non sarà in armonia con l’essenza del nuovo, perché vorrà replicare i suoi schemi in quel nuovo che invece, essendo nuovo, sfugge a tutto ciò.


La stessa cosa accade anche a chi porta con sé i suoi conflitti interiori irrisolti e cerca di affermare se stesso/a replicando vecchi schemi di conflitto/comportamento anche nel nuovo che però, essendo nuovo, non può accettare che questo avvenga e per questo scatta la disarmonia e l’impossibilità di intraprendere un percorso comune verso una meta che si delinea man mano che andiamo avanti nel cammino.


A volte questo accade volontariamente, molto spesso invece è un atteggiamento involontario che produce però gli stessi effetti di allontanamento perché le disarmonie sono evidenti e insanabili. Molti credono che perché si parla di gratuità-solidarietà-libertà ci si faccia manipolare facilmente e allora si avvicinano pensando di cavalcare a proprio vantaggio un filone oggi di moda, altri riflettono involontariamente le loro aspettative frustrate che avevano riposto nel mondo e nella società in questa avventura aspettandosi che qualcuno cali magicamente dall’alto “LA soluzione”. Ovviamente questo è un aspettare vano perché il nuovo non è passivo, ma è un comportamento attivo che richiede azioni e aggiustamenti continui. piene di interazioni con gli altri compagni di viaggio.


In entrambi i casi le frustrazioni e gli attriti aumentano fino all’autoesclusione con enorme rabbia e ulteriore frustrazione per gli (auto) esclusi.

  • Il costruttore del nuovo è colui che si avvicina senza aspettative. Nessuno conosce il punto di arrivo, ma ognuno sarà l’artefice dei piccoli passi quotidiani, quasi impercettibili, che portano lontano e costruiscono compiutamente il disegno che ancora non esiste.
  • Il costruttore del nuovo è colui che vede quali sono le necessità del momento e non aspetta che qualcuno gli dica cosa fare, ma sapendo quali sono le sue caratteristiche e le sue professionalità si mette al lavoro senza che nessuno debba ringraziarlo per questo.
  • Il costruttore del nuovo sa di non essere da solo a costruire la strada e che per questo usa molto il rispetto e mette in pratica ciò che ha imparato sino ad oggi essendo però disposto a cambiare in qualsiasi momento, se questo agevola la realizzazione del nuovo.
  • Il costruttore del nuovo è colui che partecipa ai processi decisionali perché il nuovo non ha gerarchie, ma è anche rispettoso del lavoro che è stato fatto dagli altri in precedenza e si inserisce armonicamente rispettando e essendo rispettato a sua volta.
  • Il costruttore del nuovo non ama il potere che appartiene solo al “vecchio”, ma se necessario si mette in evidenza con puro spirito di servizio.
  • Il costruttore del nuovo sta più nel cuore che nella mente.
  • Il costruttore del nuovo sa che, proprio perché il nuovo ancora non esiste, dovrà affrontare e sostenere chi ancora non è in grado di supportare la sua “visione”.
  • Il costruttore del nuovo sa che vedrà molte persone avvicinarsi e molte allontanarsi.
  • Il costruttore del nuovo non si prende troppo sul serio ed è sempre disponibile a ridere e scherzare.
  • Il costruttore del nuovo non ha ostacoli perché è abituato a superarli.
  • Il costruttore del nuovo ha fiducia nei suoi compagni di viaggio.
  • Il costruttore del nuovo sa che ogni sua azione è importante e produce un effetto e per questo riflette bene prima di agire.


Fare il costruttore del nuovo è la scommessa a cui siamo chiamati in questo momento di forte cambiamento; una continua respons-abilità, intesa nel senso di abilità nel dare risposte, che richiede di pensare fuori dagli schemi ed essere ben disposti a intraprendere un viaggio comune in acque inesplorate. In ogni caso questo viaggio è una occasione di crescere insieme agli altri, alcuni sono pronti e altri ancora non lo sono perché il nuovo non è fatto per chi scappa da se stesso, perché il nuovo non è altro che noi che cambiamo insieme al mondo che ci circonda.


“Non cambierai mai le cose combattendo la realtà esistente. Per cambiare qualcosa, costruisci un modello nuovo che renda la realtà obsoleta (Buckminster Fuller)”

03 novembre 2010

Il Grasso non è bello

No, non mi riferisco al grasso corporeo, tranquilli. Non avrei messo la “G” maiuscola, altrimenti. Il Grasso cui mi riferisco è Aldo Grasso, giornalista del Corriere e critico televisivo.

Ho letto stamattina un articolo suo sul sito del Corriere Della Sera, dal titolo “L’Eco di una domanda che non ha risposta”, nel quale parla, in tono critico, di Umberto Eco e del suo nuovo libro. (Tra l’altro, nel titolo c’è un gioco di parole col cognome di Umberto Eco; ecco spiegato il perchè del mio gioco parole nel titolo del post)

Ma non è la critica al libro ad attirarmi (non me ne frega molto, onestamente), quanto piuttosto questo pezzo:
“Fabio Fazio altri non sarebbe che un chierichetto in mano ai gesuiti, quegli stessi gesuiti che hanno fatto affondare il Titanic perché da quell’incidente è stato loro possibile fondare la Federal Reserve Bank attraverso la mediazione dei cavalieri di Malta che essi controllano... Gad Lerner, manco a dirlo, sarebbe l’ultimo esponente del grande complotto giudaico massonico, pronto a far cadere il governo per... Si scherza su queste cose, ma neanche tanto, se si pensa che in giro ci sono dei cretini che giurano che la strage dell’11 settembre è stata provocata ad arte dagli americani stessi.
Ora, o è un qualche tipo di umorismo che non riesco a capire (in questo caso, è colpa mia); oppure il fine Aldo, colto e intellettuale, dimostra a) di non essere molto informato sui fatti; oppure b) di essere informato ma, per convinzione o per convenienza, di girarsi dall’altra parte sbraitando ridicolizzazioni ed epiteti verso quelle persone alle quali la storia di quel giorno di 9 anni fa non quadra (in questo caso, è colpa sua). E’ vero: la prova provata, schiacciante e irrevocabile dell’inside job ancora non c’è, ma gli indizi portano ad una versione reale molto diversa dalla ricostruzione ufficiale, tendente all’auto-attentato.

Ovviamente usa la storia dell’11 settembre per sputtanare al grande pubblico tutti quelli che cercano di capire meglio perchè certi fatti accadono e come accadono realmente, con le prove, oltre la versione ufficiale.

Sono questi aspetti che mi fanno incazzare, perchè siffatte persone possono anche avere una grande cultura (sicuramente moooooolto più grande della mia) ma poi sembra che questa capacità intellettiva li imprigioni in una sorta di sabbie mobili mentali, inebriati, ubriacati da tanta brillantezza mnemonica, quasi affogati in essa, tanto da essere certi di avere la verità su tutto. Altezzosi, sbruffoni verso quella mandria dei “più ignoranti di me e quindi inferiori, che si bevono ogni mio dotto lemma senza rimostranze perchè io ne so più di loro”, egoisti che dovrebbero aggiungere al loro bagaglio intellettuale un dato di fatto: “cultura” e “intelligenza” NON, NON, NON, NON sono la stessa cosa. A volte possono coincidere, ma l’una non implica necessariamente l’altra. “L'apprendere molte cose non insegna l'intelligenza”, diceva il filosofo Eràclito. E in questo caso, ne abbiamo un’illuminante conferma.

(Già che ci sono, una piccola critica da parte mia ad Aldo: cambia musica. Ogni settimana parli delle stesse cose: basta! Che il programma della Clerici con i bambini sia una stronzata immonda l’abbiamo capito tutti. Non c’è bisogno che continui ad usare eruditi giri di parole, sempre nuove metafore e arditi sinonimi per poi dire le stesse cose. E’ vero che la tv è quella e c’è poco da fare, però… E, a pensarci bene, non vedo il bisogno dei cosiddetti “critici televisivi” pagati, per dire che è una merda: non basta fare zapping per 2 minuti? Abbiamo proprio bisogno che altri ci dicano cosa è bello e cosa è umiliante e ridicolo, in tv come in altri ambiti della vita?)

Apprezzo la cultura e le persone acculturate, e le invidio anche un po’. E mi dispiace quando vedo casi del genere. Penso sempre: “Un’altra occasione sprecata”. Peccato.