12 aprile 2012

Schiavi delle parole

Lo siamo tutti. Inconsapevolmente, ovvio. Dobbiamo parlare, sempre e comunque, anche se la gran parte delle volte non abbiamo un cazzo da dire. Ma quando sei con una persona che conosci, non importa se è una che vedi virtualmente tutti i giorni oppure ogni centocinquanta decadi, il silenzio è tollerabile soltanto finchè dura mezzo secondo: dopodichè interviene quel bisogno apparentemente naturale (“apparentemente”, perchè naturale non è: è costruito) di aprire la mascella ed espellere dei suoni ordinati in modo tale da essere riconosciuti consuetudinariamente come “parole”.

C’è questa mania imperante… “Parla! Parla sempre! Anche per defecare stronzate, l’importante è non stare in silenzio! Sai che imbarazzo, se no?” C’è questa sovrapposizione concettuale tra “parlare” e “comunicare”, nella quale il silenzio non è contemplato positivamente. Non dico di stare zitti sempre, ma cazzo! quando non si hanno concetti importanti e/o utili da esprimere, il silenzio è un’opzione estremamente facile ed intelligente da prendere in considerazione e, soprattutto, NON E’, NON E’, NON E’ fonte di imbarazzo: anche il silenzio è comunicazione, molto spesso anche più profonda di quella verbale. Il problema è, come sempre, a livello mentale: non appena si crea un nanosecondo di non-rumore, inizia il blablablablablablablablabla della mente, che vaga e vaga, gira e rigira, va e torna, senza capo nè coda, palesando, tra le altre milioni di cazzate, quel pensiero costruito culturalmente che etichetta il silenzio come “brutto, imbarazzante, triste, strano, vuoto, da evitare, da riempire”. Congetture, ricordi, immagini, persone, situazioni, passato e futuro.

Almeno fossero naturali, i pensieri, non sarebbe tutto sto gran problema. Ma non lo sono, se per naturale intendiamo qualcosa con cui si nasce e qualcosa che è manifestamente così, intrinseco alla realtà. Il muro di casa mia è bianco: questo è, con qualche forzatura concettuale che spero mi passerete, una cosa “naturale”. Già solo dire che è “bello” non rientra più nel naturale. Ora immaginate tutte le influenze culturali che avete incontrato da quando siete nati, tutto quello che vi sembra ovvio, a cui nemmeno pensate. Tutto ciò che avete inconsapevolmente reificato ed elevato a rango di “naturale, è così”. Anche il considerare il silenzio tra due o più persone come sconveniente rientra in questa categoria: il silenzio in natura, cos’è? Imbarazzante? Triste? O cosa? Il silenzio è, punto.

Purtroppo, a mio avviso, viviamo nella società del rumore, sempre e comunque. Più ce n’è, meglio è. Rumore inutile, un sottofondo costante della nostra vita. Ma la bega non è tanto nel rumore “là fuori”, quanto nell’avere interiorizzato in noi l’idea di fondo: ci vuole rumore, silenzio = tristezza = evita! (perchè, ovviamente, la tristezza è da evitare come la peste. Mai, mai, mai essere tristi! Non c’è nulla da imparare nella tristezza! La tristezza non è divertente, non è “in”, non è cool, non è fashion! Sei triste? Sfigato!). Questo è il nodo, un esempio lampante di quello che Michel Foucault definiva “la microfisica del potere”: il potere non ha bisogno di essere effettivamente presente 24 ore su 24, dato che sei tu a comportarti sempre come se il potere ti stesse osservando. Il potere “… non è mai localizzato qui o lì, non è mai nelle mani di alcuni, non è mai appropriato come una ricchezza o un bene. Il potere funziona, si esercita attraverso un'organizzazione reticolare”. Sei tu a comportarti in base ai condizionamenti che il potere (e l’ambiente a te circostante, aggiungo io) ha definito e che tu hai interiorizzato come “naturali”, perchè “è così che si fa”. Anche tu eserciti, riproduci il potere.
Breve puntualizzazione: gli Illuminati, l’èlite o come cazzo volete chiamare i quattro stronzi che giocano a chi ce l’ha più lungo su scala planetaria, non sono là fuori: sono dentro la vostra mente e siete voi a renderli reali.

Tornando al rumore, c’è ovviamente una ragione per cui esso è così preponderante e fatto percepire come “giusto” (ed interiorizzato così): non consente il ragionamento sereno e il chiaro silenzio interiore, due elementi fondamentali per distinguere le menzogne e l’illusione dalla verità e la realtà. Voglio dire, voi chi pensate di essere? Quel rumore nella testa? O forse tutte quelle convinzioni, tutte quelle cose ovvie che non mettete mai in discussione? O quello che vedete allo specchio? O tutte queste cose insieme? Eppure ci sono quei momenti in cui, quasi magicamente, il rumore sparisce in una frazione di secondo e veniamo totalmente pervasi da una sensazione di gioia, di libertà, di Essere, di eternità… Cosa rimane, allora? Niente. Esatto: niente. Silenzio, pace, tu, Dio, Infinito, Essenza.

Blablablablablablabla… ssshhhh! Il silenzio è rivoluzionario.


 
(inserita in questo contesto è un esempio di satira sociale: rappresenta quasi una denuncia del rumore inutile nella nostra testa e delle nostre labbra)



P.S.: per scrivere i vari post, ma più in generale per ragionare in maniera costruttiva, evito di ascoltare musica piuttosto vivace, quando non la musica in generale. Mi incasina, non capisco più un cazzo e non riesco a mettere in fila più di tre sillabe (e vedendo come scrivo normalmente, sarebbe ancora più disastroso). Per questo post, ad esempio, il sottofondo sono stati i Pink Floyd e Miles Davis col suo meraviglioso “Kind Of Blue”. Musica tranquilla, rilassante… quasi silenziosa.

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