17 agosto 2013

Il ricco e l’indigeno

Oggi vi parlo in metafora. Potrei scriverlo più direttamente, ma voglio provare con un’immagine fantasiosa, così magari si riesce meglio a scavalcare la mente razionale e andare un po’ dentro, in riflessione. Nel prossimo articolo lo scrivo più terra a terra, ma intanto uscite dalla testa e provate a comprendere.

C’è un uomo molto ricco che vive fra le altissime montagne dell’Himalaya, tra le cime più alte del mondo. Un giorno questo signore ha un’idea strana: andare a vivere lontano, scendere dal suo trono nevoso e trasferirsi in un luogo per lui inusuale e la destinazione scelta è l’Africa. Questo signore ha una passione per l’architettura e allora si mette lì a disegnare la sua futura dimora. Disegna, cancella, corregge, ri-disegna, smussa e sistema i dettagli fino a che il risultato non lo convince alla perfezione. Dopodichè dà l’incarico a dei costruttori. Nel giro di poco tempo le nuove quattro mura sono completate, il signore ricco fa i bagagli e va. Una volta arrivato è visibilmente spaesato: il panorama è completamente diverso, si è a livello del mare e al posto della neve vi è solo una landa dalla tonalità giallo-arancione e un sole bollente. Rimane incantato, però, dalla straordinaria bellezza del nuovo villone, addirittura più incredibilmente stupendo dal vivo che sulla fredda carta. Appena fuori dalla casa lo attende un abitante del posto, un indigeno con il compito di guidarlo nel nuovo ambiente, che gli insegni gli usi e i costumi del posto e che, in generale, lo introduca nel “nuovo mondo”. Oltre a mostrargli per filo e per segno la casa, ovviamente. Passa molto tempo e a un certo punto l’indigeno, svolto magistralmente il suo compito di guida e aiutante, va dal signore ricco per annunciargli la dipartita. Ma il ricco gli è ormai molto affezionato, quasi ossessivamente, e sente che senza di lui non sarebbe nulla, non potrebbe nemmeno vivere e lo implora continuamente di restare, rendendolo praticamente, ma non effettivamente, il padrone della meravigliosa dimora. Chissà, magari un giorno il signore ricco si deciderà saggiamente, con un sorriso sulla faccia e un senso di ringraziamento nel cuore, a lasciare finalmente andare il povero indigeno per la sua strada.

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