24 agosto 2013

Tu “scendi” dalle “stelle”, in un certo senso

Nell’ultimo post avevo scritto la storiella dell’uomo ricco e dell’indigeno con l’invito a non prenderla razionalmente attaccandosi alle parole ma cercando di andare oltre e provare a comprenderla veramente. Oggi vi metto nero su bianco cosa intendessi dire dietro la metafora. Scoprirete presto, però, che anche scritto così non riuscirete a capirlo con la mente superficiale perchè pure questo sarà una semplice rappresentazione, un’immagine non effettivamente vera ma “verosimile” con il solo scopo di scuotervi qualcosa dentro.

Breve richiamo a due articoli precedenti. Nel primo parlavo della differenza tra un vivo e un morto: non può essere strettamente fisica perchè anatomicamente un cadavere è identico a una persona viva, eppure evidentemente al morto manca qualcosa, ovvero la vita, in sostanza noi. Il secondo è l’ormai canonico post sulla mia seconda esperienza di espansione di consapevolezza: per la prima volta mi sono reso conto di non aver (quasi) mai vissuto effettivamente un momento della mia vita e finalmente riuscivo a essere consapevole di me, della mia presenza e a vivere consapevolmente ogni istante, provando un immenso amore incondizionato verso tutto e tutti, sentendo una profondità d’essere incredibile e una vibrazione leggera, sottile, veloce. (Tra l’altro mi è sovvenuto alla mente solo adesso che queste due esperienze che ho avuto il privilegio di vivere sono praticamente identiche a quella di cui parla Bill Hicks, solo più lunga delle sue 4 ore e senza funghi allucinogeni. Sei veramente un grande, Bill. Riesci a darmi ancora spunti dopo più di quattro anni. Grazie)

L’evoluzione intuitiva di questi due articoli è la seguente (e, di nuovo, non attaccatevi troppo alle parole). Noi, il ricco signore della metafora, veniamo da una vibrazione altissima, estremamente “veloce”, con una frequenza infinitamente superiore a qualsiasi scala di Hz possiamo avere. Da lì siamo “scesi” (o forse abbiamo deciso di scendere) a questo livello di vibrazione, siamo arrivati in questa ristretta fascia di frequenze per poterla vivere in prima persona. Ma lo scopo sarebbe irrealizzabile senza uno strumento “del posto”, ovvero senza un corpo e una mente appartenenti a questo (basso) livello vibrazionale. In pratica senza l’indigeno. Se non ci fossero la mente e il corpo, infatti, nella nostra “discesa” non riusciremmo a “fermarci” e passeremmo dritti dritti attraverso questo piano, esattamente come un’onda radio passa attraverso i muri. Una volta entrati in un corpo abbiamo subito un “inconveniente”. Solo di nome, poi, perchè in realtà è tutto minuziosamente e perfettamente pensato e disegnato: non riusciamo a ricordarci nè chi/cosa siamo nè da dove veniamo. Perchè? Vediamo se riesco a farvi capire. Immaginate di avere un’onda radio a una frequenza altissima, estremamente veloce, e una invece molto bassa, lenta. In un tempo di, che ne so, 5 secondi, quale delle due avrà comunicato più informazioni? Ovviamente quella più veloce, mentre con l’altra avremo una perdita di informazione e servirà del tempo per colmarla.

Ecco, analogamente, nella nostra “discesa” vibrazionale ci siamo lasciati dietro delle informazioni sottoforma di consapevolezza. Per poterci adattare alla lentezza di questo livello, ed evitare di attraversarlo senza quindi poterci interagire, abbiamo dovuto rinunciare a parte della nostra consapevolezza riguardo noi stessi e, come conseguenza diretta, di tutto il resto.

Se già tutto ciò non risuonasse come divina poesia, ora arriva la parte più positiva. Dopo esserci “sacrificati” per venire al mondo (non “nati”, ma “venuti al mondo”) attraversiamo un periodo di “adattamento” al per noi bassissimo livello vibrazionale attuale, nel quale la nostra vibrazione e quella del mondo circostante entrano in armonia e si fondono. Ecco l’indigeno che svolge il suo compito: permetterci di integrarci e di interagire col resto del mondo, fino a che le vibrazioni non si armonizzano. Da questo punto in poi può avvenire la risalita della nostra vibrazione senza abbandonare il corpo nè la vibrazione di questo mondo: possiamo ritornare perfettamente consapevoli di noi stessi e di tutto il resto senza, però, attraversare questo mondo tipo fantasmi, ma rimanendone stabilmente dentro. Ci sono sempre il corpo e la mente, che sono strettamente figli di questa frequenza e solo di questa: ci accolgono e ci aiutano ad ambientarci, come l’indigeno col ricco. Ritornare perfettamente consapevoli di noi, ovvero ri-alzando la nostra vibrazione, è esattamente ciò che rappresenta, nei Vangeli, Gesù Cristo: Gesù è l’uomo, il figlio di questo mondo, l’indigeno, il contenitore; Cristo è la massima consapevolezza, figlia di Dio, trascendente questo livello vibrazionale (mondo) e tutti gli altri in quanto loro stessa generatrice. Quando l’uomo/indigeno/animale/ego/mente+corpo ha svolto il suo compito di accoglierci e farci ambientare vibrazionalmente, lo crocifiggiamo, lo “uccidiamo” ma con gratitudine in quanto perfettamente consapevoli del compito da “lui” svolto e della sua ormai sopraggiunta inutilità. Con la “morte” dell’ego, può emergere pienamente la nostra essenza, l’essenza divina, quella non figlia del mondo ma bensì trascendente.

O almeno dovrebbe andare così se, quando fossimo piccoli, qualcuno provasse anche solo ad accennarci certe cose invece di riempirci di interpretazioni superficiali di nozioni, al contrario, estremamente profonde. Non c’è determinismo, nel mondo, ma diciamo che almeno una prima infarinatura di comprensione di questi argomenti quando si è piccoli non guasterebbe affatto. Per come siamo messi effettivamente, però, le cose ci sono state rese più complicate perchè, se non si ha la fortuna di avere anche solo un piccolo tarlo nel cervello che ci suggerisce la falsità di quanto ci viene detto su di noi e sul mondo, restiamo freschi e ce ne andiamo da qui avendo compreso ben poco di quanto avevamo dentro e intorno. Fin da quando siamo piccoli, infatti, ci ritroviamo circondati da una marea di persone molto superficiali nelle loro conoscenze che ci imbottiscono della loro superficialità, convincendoci che sia invece tutto ciò che c’è da sapere. Familiari, parenti e amici ovviamente lo fanno in buona fede, non con cattiveria e bastardaggine come invece fanno quelli più in alto nella piramide.

Oggi ci ritroviamo, in questa società, con il grande scontro tra scienza e religione. Uno scontro apparente, poi, perchè entrambe parlano delle stesse cose usando parole diverse. La grande differenza è che la scienza è molto superficiale, in quanto non spiega l’effettivo funzionamento delle cose e il loro perchè ma si limita a descrivere come si manifestano (ne avevo già parlato); la religione, invece, è molto profonda e, logicamente, in un mondo popolato di superficialità può la religione essere davvero capita bene? Ovviamente no e infatti ci ritroviamo, ad esempio, con la Chiesa e il mare di sterco che lancia in ogni dove sottoforma di un’interpretazione del messaggio di Gesù e del concetto di Dio da far come minimo rabbrividire. La scienza, invece, ha successo proprio perchè rispecchia la nostra superficialità, la nostra scarsa consapevolezza, il nostro attaccamento alla mente superficiale (all’indigeno). Ci piace proprio per questo: è facile da capire, non richiede sbattimenti particolari. Lanci un oggetto per aria? Guarda che poi c’è una roba chiamata “forza di gravità” che lo riporta giù. Facile. Prova a spiegare concetti spirituali, più profondi, in modo da aiutare gli altri a comprenderli: mica facile, eh. Guardare e pensare è molto più semplice che sentire (dentro, non con le orecchie) e comprendere.

Quando, per esempio, ci dicono che “Gesù è morto in croce per togliere il peccato dal mondo” cosa significa? Non l’ho mai capito in anni e anni, perchè cercavo di capire un concetto non di questo mondo con uno strumento, invece, prettamente figlio di esso e dunque, in quanto tale, molto limitato e irrimediabilmente ignorante verso certe cose. Cercavo di capire con la mente, invece di comprendere. Il mondo siamo noi, Gesù (non il Cristo, solo Gesù) è l’uomo/animale/indigeno/ego/mente+corpo che “muore” per eliminare alla radice proprio colui che pecca e i suoi peccati insieme a lui. E’ la disidentificazione nostra dall’ego, la consapevolezza della nostra essenza e di come non appartenga a questo mondo. Ma la si deve sentire dentro, questa disidentificazione, altrimenti sono solo parole di auto-convincimento. Bisogna, guarda un po’, esserne consapevoli, ovvero comprenderla. Per favorire la comprensione sarebbe importante superare il giudizio e il continuo giudicare. Bisogna disidentificarsi col giudizio e, paradossalmente, il modo migliore per farlo è proprio comprendendolo, ovvero… non giudicandolo. Non giudicare il giudicare: spettacolo… Se c’è giudizio, non c’è comprensione; se c’è comprensione, non c’è giudizio. E’ proprio quando giudichiamo che ci fermiamo un gradino prima della vera comprensione: non capiamo bene una determinata cosa e allora la riponiamo nel mega-cassetto del “buono” o in quello del “cattivo”, del “bello” o del “brutto” e via dicendo. L’avevo già scritto: quando guardate un albero non state effettivamente guardando quello specifico albero ma solo un esemplare qualsiasi della categoria mentale “albero” e, in questo modo, vi state perdendo la sua irripetibile unicità. Idem quando vedete un fiore: lo guardate e tac! scatta subito il giudizio. “Cavolo, bello!”. No non è bello, e non è nemmeno brutto: è quello che è, punto. Nel momento stesso in cui parte il giudice nella mente avete già perso la comprensione e, per voi, quel fiore è diventato soltanto un “bel” fiore come ce ne sono milioni nel mondo. Anzi, alcuni sono anche più belli.

Quando sparisce il giudizio (ovvero nel momento in cui ne diventiamo consapevoli, ovvero nell’attimo in cui ce ne disidentifichiamo) il fiore non è più nè bello nè brutto: è unico, non ce n’è un altro uguale in tutto l’universo. E questa comprensione dell’unicità delle cose tutte porta automaticamente un senso di bellezza assoluta, non dualistica, non contrapposta a null’altro. Non è un “bello” opposto a un “brutto”: c’è solo e soltanto un “bello” assoluto. Qualcuno, usando un vocabolario diverso, lo chiama “amore incondizionato” o “amore di Dio”.

Ma qui stiamo già andando troppo avanti. La risalita si fa un gradino alla volta, mica tutta insieme (salvo botte di f… ehm… di culo). Che poi “risalita” non in senso proprio, non attaccatevi alle parole e alle idee che ne avete a riguardo. E’ un andare in profondità, nelle nostre viscere interiori, nel nucleo, nel centro del nostro mondo. Più siamo consapevoli della nostra profondità, più siamo vicini al momento creatore; più guardiamo all’esterno, più siamo lontani, “lenti”, “superficiali”. Ricordate: “a Sua immagine e somiglianza”, un frattale (religione e scienza parlano delle stesse cose!). Prendiamo il nostro pianeta, ma solo come uno tra millemila esempi. Dov’è il nucleo? E’ dentro o fuori? Ma anche il Big Bang è un’esplosione, dal nucleo originario centrale verso l’esterno, dalla profondità alla superficie. Le analogie sono tutte intorno a noi, se le si sanno osservare. Se ne siamo consapevoli. Se le comprendiamo…

17 agosto 2013

Il ricco e l’indigeno

Oggi vi parlo in metafora. Potrei scriverlo più direttamente, ma voglio provare con un’immagine fantasiosa, così magari si riesce meglio a scavalcare la mente razionale e andare un po’ dentro, in riflessione. Nel prossimo articolo lo scrivo più terra a terra, ma intanto uscite dalla testa e provate a comprendere.

C’è un uomo molto ricco che vive fra le altissime montagne dell’Himalaya, tra le cime più alte del mondo. Un giorno questo signore ha un’idea strana: andare a vivere lontano, scendere dal suo trono nevoso e trasferirsi in un luogo per lui inusuale e la destinazione scelta è l’Africa. Questo signore ha una passione per l’architettura e allora si mette lì a disegnare la sua futura dimora. Disegna, cancella, corregge, ri-disegna, smussa e sistema i dettagli fino a che il risultato non lo convince alla perfezione. Dopodichè dà l’incarico a dei costruttori. Nel giro di poco tempo le nuove quattro mura sono completate, il signore ricco fa i bagagli e va. Una volta arrivato è visibilmente spaesato: il panorama è completamente diverso, si è a livello del mare e al posto della neve vi è solo una landa dalla tonalità giallo-arancione e un sole bollente. Rimane incantato, però, dalla straordinaria bellezza del nuovo villone, addirittura più incredibilmente stupendo dal vivo che sulla fredda carta. Appena fuori dalla casa lo attende un abitante del posto, un indigeno con il compito di guidarlo nel nuovo ambiente, che gli insegni gli usi e i costumi del posto e che, in generale, lo introduca nel “nuovo mondo”. Oltre a mostrargli per filo e per segno la casa, ovviamente. Passa molto tempo e a un certo punto l’indigeno, svolto magistralmente il suo compito di guida e aiutante, va dal signore ricco per annunciargli la dipartita. Ma il ricco gli è ormai molto affezionato, quasi ossessivamente, e sente che senza di lui non sarebbe nulla, non potrebbe nemmeno vivere e lo implora continuamente di restare, rendendolo praticamente, ma non effettivamente, il padrone della meravigliosa dimora. Chissà, magari un giorno il signore ricco si deciderà saggiamente, con un sorriso sulla faccia e un senso di ringraziamento nel cuore, a lasciare finalmente andare il povero indigeno per la sua strada.

09 agosto 2013

Illuminati, simbolismo, Satana e voi: uno spartiacque

Quest’anno in ferie mi sono venute delle belle ispirazioni e me le sono segnate con l’intento, una volta tornato, di scriverle meglio e metterle qui. Sono stati tre/quattro blocchi di intuizioni, annotati in altrettanti momenti diversi, non proprio collegati fra loro e il riuscire poi a creare un discorso filato non è stato semplicissimo ma spero sia venuto almeno discretamente. Buona lettura!

Capisco benissimo la bellezza del desiderio di vivere in un mondo finalmente in pace, vedere gente abbracciarsi per strada, sorridere insieme e condividere gioiosamente tanti momenti di vita quotidiana. È un'immagine bellissima. Ma non succederà mai. E non per pessimismo, nichilismo o chissà cos'altro, ma per semplice realismo: il conflitto c'è, c'è sempre stato e sempre ci sarà. È così per disegno, l'intero universo (almeno al livello del percepibile) è basato sul conflitto, sul dualismo, su due polarità. E non guardate troppo lontano, là fuori, ma fate caso a ciò che provate dentro ogni giorno: una cosiddetta "parte di voi" vorrebbe qualcosa, ma subito ne interviene "un'altra" desiderosa dell'opposto oppure si presenta in funzione funzione di giudice o altro. E siccome inevitabilmente le azioni e i risultati del mondo esterno sono figli e derivati di ciò che giace all'interno (dopotutto la società è fatta dalle persone), va da sé il conflitto imperante in ogni ambito della vita. Ma non è una faccenda solo umana: riguarda l'intero mondo animale e, ancora più in profondità, le fondamenta stesse della realtà, i principi fondamentali che costituiscono l'universo e sottendono la realtà stessa. Il concetto stesso di "esperienza", così come quello di "percezione", richiedono due "entità": il fatto e chi lo vive, chi lo percepisce. L'oggettivo e il soggettivo. Se non ci fosse la separazione primaria, ovvero se dall'uno non emergesse il due, non sarebbe possibile la distinzione e il tutto risulterebbe una infinita massa impossibilitata a riconoscersi. Esattamente da questa primaria separazione nasce il conflitto: essa stessa è il conflitto, senza il quale voi, io, il mondo circostante e la nostra abilità di percepirlo non esisterebbero. Sarebbe un'unità indistinta e indistinguibile. Quindi toglietevi dalla testa la pace assoluta nel mondo: non accadrà, questo mondo non è stato disegnato per essere in pace.

La pace, semmai, è raggiungibile a livello individuale. Una pace intesa come completa consapevolezza dell'essenza, nostra e dell'universo (dato che è la stessa), un distacco totale dell'identificazione con l'individualità e le idee che la compongono, dal credere di essere un qualcosa di definito ad altre più profonde come la volontà individuale o il libero arbitrio. Idee meravigliose ed estremamente utili, sfido a dire il contrario, e lo sono fino a quando non si arriva" lassù", a un livello paradisiaco di consapevolezza nel quale se ne intuisce la relatività e "l'illusorietà" e ce ne si distacca naturalmente, non servono più. Il libero arbitrio, ad esempio, è fondamentale nei livelli inferiori di consapevolezza per opporsi a ciò che si ritiene sbagliato e/o affermare la propria volontà e le proprie decisioni: ma quando si capisce che di volontà, qui, ce ne è solo e soltanto una, universale, onnicomprensiva, superiore e profonda ecco che il concetto di "libero arbitrio" appare diverso, più superficiale. Non inutile, di inutile non c'è proprio nulla checché ne dica la gente; è utile per capire, per comprendere meglio la realtà, per aumentare la propria consapevolezza. Dopodiché esaurisce il suo compito e viene naturalmente lasciato andare, senza sforzo nè tantomeno rimpianto.

Qui entra in gioco Satana. Mettiamo subito in chiaro una cosa: VOI siete Satana. Lo siete ogni volta che vi opponete alla vibrazione più alta, alla consapevolezza più alta; lo siete ogni volta che vi sentite separati, divisi, non-divini; lo siete ogni volta che non sentite dentro di voi la vostra essenza, quando non avete dentro quello straripante amore incondizionato verso tutto e tutti; lo siete ogni volta in cui vi identificate con i pensieri, con le parole, con le azioni; lo siete ogni volta in cui credete fermamente di essere solo quell'animale antropomorfo riflesso nello specchio; lo siete finché crederete all'ego, al grande ingannatore. Noi neghiamo il flusso, non lo vediamo, non ne siamo consapevoli perché troppo identificati con "questa roba" che sentiamo ogni giorno di essere, ma essa NON È la totalità del nostro essere. Oh Dio se non lo è! Eppure ne siamo convinti e lottiamo per difendere praticamente il nulla che percepiamo. Siamo Satana, non c'è un cazzo da fare. È un archetipo: smettetela di rompere le palle parlando di un pirla con le corna e un tridente, porca puttana. Stiamo ancora a credere all'uomo nero... Satana è una possibilità simbolica, esattamente come il Cristo: sono i soliti due estremi, le due polarità, siamo sempre qui. In mezzo ci siete voi con le vostre scelte e la vostra volontà: perseverate nel non riconoscere la vostra vera essenza (opponendovi, spesso inconsapevolmente, ad essa), oppure tenete aperta la porta a sensazioni nuove e sconosciute, a possibilità apparentemente impossibili? Voi volete diventare come Dio, volete sostituirvi a lui tramite il fare delle cose. Vi sentite estremamente individuali e vi è stato messo in testa di dover comportarvi in un certo modo piuttosto che un altro per "raggiungere Dio" e altre belle frasi simili. Dovete sempre fare qualcosa di predefinito, qualcosa che vi è stato detto essere giusto, o magari no. L'importante è fare, fare e fare. Smettetela di identificarvi con quello che fate. Ma neanche, perché anche lo smettere di fare qualcosa è esso stesso un fare.

Forse il punto più cruciale si può riassumere così: ma voi lo sapete chi siete? Quando dite "io di qua, io di là, io ho fatto, io sono andato" di chi o cosa state parlando? Cos'è quell'io di cui vi riempite sempre la bocca? Non lo sapete e non lo potete sapere perché non lo sentite. Vi è stata riempita la testa di definizioni su di "voi" da parte di altre persone e a queste ne avete aggiunte un'altra lista lunga da qui alla Città delle Nuvole (cit.) fatta da voi. E ci credete ciecamente, tanto da non porvi nemmeno lontanamente il quesito classico "chi sono io?" se non per dare una risposta banale, anch'essa sentita dagli altri e ripetuta a pappagallo. Piccolo appunto da appiccicarvi in faccia: voi non sapete chi/cosa cazzo siete. Vi identificate con qualunque cosa, dalla vostra professione, posizione sociale, nome e cognome, immagine nello specchio, fino a quello che state facendo in questo momento. Novità per voi: non state facendo niente. E non lo avete mai fatto. E mai lo farete. In questo preciso momento non state leggendo queste parole: state vivendo l'esperienza di leggerle, ma non siete effettivamente "voi" a farlo. Sta succedendo. Punto. È così, le cose succedono e noi le viviamo, anche e soprattutto quelle che "facciamo" noi. Non state effettivamente "facendo" la lettura, così come non siete voi a camminare, bere, guardare, fare l'amore, arrabbiarsi, perfino pensare. Sono tutte cose che accadono e noi ne siamo i testimoni, coloro che vivono queste esperienze, ma finché rimanete al livello base di consapevolezza vi sembrerà di fare effettivamente quelle cose. Tutto perché manca la percezione un cicinino più alta di voi. Siamo sempre qui: credete di sapere chi siete ma non è così perché non riuscite a sentirvi dentro. E potrei anche dirvi qualcosina in più sulla percezione di noi e della nostra essenza (e volendo vedere l'ho pure già fatto altre volte) ma non ve lo dico perché se no vi farete i soliti trip mentali basati sul nulla, crederete di aver capito e sarete di nuovo punto e a capo. Quando finalmente sentirete dentro di voi un po’ di più della vostra essenza, smetterete di essere dei piccoli Satana perchè capirete che nulla si fa ma tutto accade. In pratica sparisce l’identificazione, fino a che il solo parlare di “io”, “tu”, “noi” vi lascerà abbastanza perplessi.

Sapete cosa ho notato? Così come virtualmente ogni essere umano, specialmente di sesso maschile cresciuto nella cosiddetta "società Occidentale", ho spesso pensieri di carattere sessuale durante il corso della giornata. Quando si è al mare, poi, non ne parliamo nemmeno... La stimolazione mentale verso il centro sessuale è piuttosto potente e ripetuta e tende a una crescita costante, ma arriva un momento nel quale improvvisamente questo tipo di stimolazione sparisce e al suo posto arriva un pensiero più intuitivo e penetrante nella realtà delle cose. È come se la nostra energia, invece di rimanere incatenata nei meandri più bassi (metaforicamente e fisicamente), finalmente si muovesse verso altri lidi, più alti, provocando un netto cambiamento di pensieri e anche della loro "qualità", nel senso che si percepisce proprio una loro maggiore profondità rispetto al solito. È in quei momenti che mi vengono le intuizioni che poi leggete qui sul blog.

Il pentacolo rovesciato. Simbolo tipico del satanismo, ma ovviamente fraintendendo il concetto di "Satana" si fraintende pure il pentacolo rovesciato. Tanto per cominciare non è un simbolo negativo: cancellate dalla testa la distinzione negativo/positivo perchè, come sempre, il giudizio è un ostacolo alla possibilità di conoscere davvero. Ciò che quel simbolo indica è lo spostamento, o mantenimento, dell'energia nella bassa vibrazione (e nelle parti basse del corpo). Punto. La stella va verso il basso, "suggerendo" di rimanere nello stato di minima consapevolezza. Di rimanere tanti piccoli satanini. Il pentacolo normale non rovesciato, invece, indica l'opposto: fai salire l'energia, vai nelle vibrazioni più alte, quelle delle intuizioni, della sempre maggiore consapevolezza, della sempre maggiore profondità di comprensione della tua essenza e, di conseguenza, dell'essenza di tutto (è la stessa identica cosa!). Semplice. La stramaledetta piramide con lo stramaledetto occhio in cima è la salita dell'energia dalla “terra” al “cielo” fino a scoprire che c'è un solo "occhio", una sola volontà, un solo essere, un tutto infinito, assoluto, senza un opposto. Per questo l'occhio è uno solo: perché al livello dell'essenza non c'è dualismo, non ci sono due polarità ma solo un assoluto, percepibile da noi a questo livello come amore incondizionato e straripante, una sorta di potentissimo innamoramento con l'esistenza tutta. Non è negativo, anzi se proprio vogliamo metterla sul piano del giudizio mi sembra molto positivo, dato che fornisce un'immagine metaforica degli stati alti dell'essere. Ma se non si riesce a interpretarla, la si guarda e ci si ferma a giudicarla come buona o cattiva e, siccome viene sempre associata ai cazzo di Illuminati, scatta il giudizio negativo. Non è così.

Proviamo a restare più vicini a noi e guardiamo meglio l’ovvietà, compito sempre estremamente complicato. Come è fatta ‘sta realtà? Che cosa ci vedete dentro, partendo da voi? Esteticamente, intendo. Io vedo un corpo composto, per convenzione, da alcune parti dotate di nomi più specifici, ma comunque sia c’è un corpo. Unico, non ce n’è un altro identico nell’intero universo. Più specificamente non ce n’è un altro perfettamente identico che, per di più, occupa esattamente lo stesso spazio nello stesso tempo. Non ci sono due “miei corpi”, occupanti precisamente lo stesso spazio nell’identico momento di tempo, abitati da due me identici: ce n’è solo uno. Allo stesso modo per gli oggetti, come per esempio lo schermo davanti ai vostri occhi: è uno e unico, non ce n’è un altro identico nel medesimo spazio e nel medesimo tempo. Non ci sono due “pianeta Terra” perfettamente uguali e “sovrapposti” sempre. Anche questo è un simbolo, indicante l’unitarietà dell’essere: a un altro livello di consapevolezza non ci sono “due esseri” ma soltanto uno. Tutto ciò che avete di fronte agli occhi è una rappresentazione dell’origine, dell’infinito, di Dio e delle sue “caratteristiche”. Così come noi, su un foglio di carta, basandoci sulle sensazioni quotidiane disegniamo un cuore per rappresentare il concetto, più profondo e complesso, di “amore”, così “Dio” genera unicità ovunque per rimandare al concetto di “uno” dell’essere. Stessa cosa, a livelli diversi ovviamente. E’ una sfumatura dell’espressione “a Sua immagine e somiglianza”, ma rimane incomprensibile finchè si crede alla sola mente superficiale e ci si ferma al giudizio.

Cioè, ora non è per dire, ma noi viviamo costantemente nella nostra testa, non solo metaforicamente ma proprio fisicamente: la nostra attenzione (ovvero la nostra presenza) è quasi sempre riposta nella testa, nel dialogo interiore e anche quando sembra andare verso l'esterno in realtà ci va meno di quanto crediamo, perché quasi sempre si imbatte nell'imbuto strettissimo del giudizio e della categorizzazione. Per cui, riprendendo un esempio di qualche post fa, guardando un albero non stiamo effettivamente guardando quell'albero ma un esemplare generico della categoria mentale "albero". Appiattimento, generalizzazione e meccanicità: questo è il livello base di consapevolezza, il livello minimo col quale la natura, chiamiamola così, si mantiene e perpetua, una sorta di modalità di emergenza nel caso mancasse la "vera" consapevolezza, una più alta (sinonimo di "più profonda") percezione della realtà. Per cui nel 90% del tempo la nostra attenzione non è nel corpo nella sua interezza, ma solo nella testa e un" sintomo" di questo "squilibrio" è la quantità di pensieri del dialogo interiore e la crescente difficoltà per noi di "staccarcene", di non dar loro corda e disidentificarcene. E solitamente, come conseguenza della conseguenza, la manifestazione più evidente è un crescente nervoso, di tensione, di tristezza, ansia, borbottii e lamentele varie e quant'altro. Perché? Perché siamo troppo nella testa e poco nel resto. Usiamo troppo la testa, ci siamo troppo dentro, e da sola non ce la fa a gestire tutto: per cui sorgono delle "distorsioni" ma queste non sono il problema, quanto la spia di un problema più profondo. Soluzione? Uscire dalla testa. Spostate la vostra attenzione sul corpo e nel corpo, nelle sue parti, nei suoi arti, nei muscoli, nelle dita… insomma avete capito. Noi abitiamo il corpo ma non lo viviamo: pensiamo di viverlo. E questo cazzo di "pensare di" è una piaga alla quale siamo tutti sottoposti, tanto che tutti noi “pensiamo di essere” qualcosa. Io vi parlo di cose meravigliose che sento dentro come più vere del vero, cose che conosco per esperienza diretta: voi, però, non ci capite una mazza ma non è colpa vostra e questo deve essere ben chiaro: NON È COLPA VOSTRA, cancellate dalla testa il concetto di "colpa", superatelo, è sempre basato sul giudizio e dunque sull’ignoranza. Le cose le conoscete o non le conoscete. E per conoscerle l'unico modo è sentirle dentro, non ci sono cazzi. Finché ne sentite parlare e basta, non le potete conoscere. Io vi parlo di Dio, di consapevolezza, di osservazione ma il significato che io dò loro, basato sul mio sentire in prima persona, non è lo stesso che date voi, e non lo può essere finché non proverete dentro di voi queste sensazioni. Ve lo dico papale papale non per offendervi e men che meno per senso di superiorità, ma per provare a farvi capire: voi non sapete un cazzo. Smettetela di leggere di Dio e di esperienze mistiche e poi credere di avere capito: non avete capito niente, semplicemente perché non le avete vissute dentro. Se io vi dico "Dio" e ve ne parlo a mio modo, voi leggete e filtrate l’informazione tramite la vostra lente. Per voi Dio è un'altra cosa: è quello che vi è stato detto essere, unito magari a un pensiero più prettamente vostro, ma comunque sempre un pensiero arbitrario, intellettuale, basato quasi solo sul nulla. È come l'albero: non vedete davvero quell'albero ma il vostro pensiero di un albero qualsiasi. È una proiezione, non è la realtà.  La consapevolezza è fenomenale perchè crea una sorta di spazio tra noi e chi-crediamo-di-essere, ovvero l’ego, spezzando finalmente la nostra piena identificazione con esso e permettendo all’essenza di emergere pienamente. Per questo uscire dalla testa è piuttosto consigliabile, perché così facendo si salta l'intermediario tra noi e la realtà per andare a sentirla direttamente.

Avete capito cosa intendo con "tra noi e la realtà"? Chi è quel "noi"? Non lo sapete, ne avete solo un'idea arbitraria. E sapete cosa succede nella mente quando spostate l'attenzione al corpo? Non ve lo dico perché se no ve ne fate un'idea e proverete a forzare l'esperienza per farla coincidere con quello che pensate vi abbia detto io. Perché é questo che fate: non osservate ciò che già c'è per quello che è, ma provate sempre a dargli una forma arbitraria. È come avere di fronte dell'acqua e, invece di guardarla e capirla così com'è, andare li con le mani nel tentativo (ovviamente inutile) di darle una forma a voi gradita. Lo fate sempre, lo facciamo sempre. Per questo in un certo senso siamo tutti Satana, ci opponiamo alla realtà (Dio) e, essendo giudici, rimaniamo ignoranti. In realtà non è così, è impossibile opporsi alla realtà per il semplice fatto che anche l'opposizione e l'atto di opporsi esistono e si verificano, così come tutto il resto, fintanto che devono verificarsi, fintanto che sono utili per la comprensione (una conseguenza di ciò è la perfezione e la perfetta giustizia del mondo in ogni suo aspetto e in ogni momento, da quando è nato fino a quando finirà). È una metafora, un'immagine da leggere non per capirla intellettualmente e memorizzarla ma per sentire cosa scatena dentro. Questa è vera conoscenza, altro che memorizzare nozioni su nozioni che poi verranno dimenticate nel giro di qualche anno quando va bene. Questa è la scuola, non quella che ci insegna asetticamente una marea di informazioni scollegate tra loro e senza fornirci un minimo di significato. Poi per carità, per piacere personale si può studiare e memorizzare ciò che si vuole, dalla capitale del Tagikistan ai primi cento decimali del pigreco, non c'è nulla di male in questo, anzi, ma questa è "cultura": la "conoscenza" è un'altra cosa, non mischiamo i termini.

Lo ripeto perché ve lo dovete stampare in grassetto in fronte: voi non sapete un cazzo in termini spirituali, siete ignoranti e non potete colmare questa ignoranza tramite le parole e l'intelletto ma solo tramite la comprensione interiore. Di qui non si scappa. Conoscete solo le esperienze delle quali avete avuto consapevolezza, quelle che vi hanno “mandato un messaggio”, e spero ne abbiate avute un po’ nella vostra vita. E, ripeto, non ve lo sto dicendo perché "io so' io e voi non siete un cazzo" ma perché me ne sono accorto io in prima persona. Mi sono reso conto di aver passato più di 4 anni a leggere più o meno frequentemente materiale di stampo spirituale credendo di capire il messaggio di fondo, per poi arrivare a circa 3-4 mesi fa a provare dentro una roba allucinante che mi ha aperto gli occhi come niente prima. Da allora un'esperienza di tale intensità non si è più ripetuta, ma sulle sue "spalle" si sono accumulate, e continuano a farlo, tante piccole intuizioni e ispirazioni che se riesco metto nero su bianco qui sul blog. Ho capito quanto non conoscessi un'acca: ero convinto di sapere, ma in realtà ero totalmente ignorante perché leggevo concetti estremamente profondi usando la percezione superficiale, influenzata pesantemente da idee impiantatemi da altri, da credenze mie, da giudizi e più in generale da idee arbitrarie campate per aria. Ora non è che sia diventato un super espertone chissà chi: sono sempre uno studente, esattamente come tutti,  solo che mi sono accorto che il prof è entrato in aula e ha iniziato a spiegare, e a spiegare robe molto interessanti.

07 agosto 2013

Licenziato per aver difeso il personale

Oggi mi è arrivata una mail dal sindacato autonomo U.Si.Pe pregandomi di pubblicarla sul blog. Detto fatto :) E' un blog di informazione o no?


Difendeva i lavoratori: dipendente KSM licenziato in tronco
«Si è trattata di una vera e propria persecuzione personale e antisindacale», denunciano dal sindacato USIPE. 

Chiedeva solo il rispetto della legalità e delle norme contrattuali e costituzionali. L’attività sindacale lo portò anche ad esporsi varie volte chiamando anche le varie Forze di polizia per far constatare agli organi le irregolarità della società di vigilanza KSM di palermo. Ma stavolta, per la stessa società Claudio Di Trapani guardia giurata e rappresentante sindacale dell'U.Si.Pe il Sindacato Autonomo del comparto sicurezza civile e sussidiaria, è stato licenziato dall'istituto di vigilanza KSM di Palermo. Già oggetto di attenzioni particolari come le numerose pendenze che ha nei confronti della stessa società su mobbing, ora questa persecuzione vera e propria in quanto gli si contesta la sua attività di dirigente sindacale! Lo studio legale dell’Organizzazione sindacale ha già presentato un primo ricorso per condotta antisindacale al magistrato del lavoro, che si spera venga accolto immediatamente in quanto non sussistono i fatti e poi chiederemo anche i danni risarcitori in quanto il datore di lavoro non può perseguire e sanzionare un rappresentante sindacale e tra l’altro decidere di licenziarlo per questo!sono due mesi che chiediamo interventi da parte degli organi preposti al controllo sulla gestione del personale, ma a nulla e valso anzi, un silenzio assordante sottolineano dalla Segreteria Generale di Roma.  L’atto di contestazione è del tutto illegale e contro ogni norma di principio di diritto e libertà sindacale. Fanno notare dall’U.Si.Pe, non esistono precedenti, è un primo caso in Italia di licenziamento di rappresentante sindacale sanzionato per la sua attività. E' Assurdo!  Di Trapani lavorava con l' Istituto KSM da molti anni . Poi sempre attivo sul fronte della difesa dei diritti dei lavoratori diventa prima RSA e poi Dirigente responsabile della segreteria provinciale di Palermo. E’ evidente affermano da Roma che «si è voluto colpire anche e soprattutto l'azione sindacale all'interno dell'Istituto», dove l'U.Si.Pe conta una sessantina di iscritti. Di certo non ci fermeremo contro questi abusi illegali come prevede l’art. 15 dello statuto dei lavoratori e non ci fermeranno. Prima del cambio della licenza in KSM un minimo di approccio delle relazioni esisteva oggi invece conclude la nota del sindacato, abbiamo cercato tutte le forme di relazioni sindacali bonarie, ricevendo per contro un licenziamento ma prima delle persecuzioni documentate ai danni di dirigenti ed iscritti.

05 agosto 2013

Grazie

Grazie amici e grazie amiche. Così, senza un motivo particolare. Volevo solo dirvi grazie e ve lo dico: GRAZIE.